Articoli

DIRITTO DI FAMIGLIA: L’ASSEGNAZIONE DELLA CASA FAMILIARE DEVE TUTELARE LA PROLE

Con l’ordinanza n. 13138/2025, la Corte di Cassazione torna a chiarire la natura e i limiti dell’istituto dell’assegnazione della casa familiare, ribadendo un principio ormai consolidato: l’assegnazione dell’abitazione ex coniugale è misura esclusivamente funzionale all’interesse dei figli minorenni e non può essere utilizzata quale forma indiretta di sostegno patrimoniale per uno dei genitori.

L’attribuzione del godimento della casa familiare non risponde a esigenze economiche o compensative, bensì mira a preservare la continuità dell’ambiente di vita del minore, inteso come luogo di relazioni affettive, abitudini e stabilità.

Secondo la Suprema Corte, infatti, il domicilio del figlio costituisce "la proiezione spaziale della sua identità" e deve essere tutelato finché resta attuale e significativo nella vita del minore. Ne consegue che ogni valutazione sull’assegnazione deve prescindere da interessi meramente patrimoniali dei genitori, salvo che non vi sia un diretto riflesso sul benessere del figlio.

Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva escluso l’assegnazione della casa familiare alla madre, ritenendo che la figlia, da oltre quattro anni, vivesse stabilmente in un’altra abitazione e che il legame con l’ex casa coniugale fosse venuto meno. Il ricorrente contestava tale decisione, invocando una violazione di legge e sostenendo che la Corte non avesse tenuto conto della volontà della minore di fare ritorno nella casa dove era cresciuta.

La Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo inammissibile. La decisione della Corte d’appello si fondava su una valutazione in fatto coerente e motivata, non sindacabile in sede di legittimità.

I giudici di merito avevano correttamente accertato che: i) la minore aveva ormai costruito una nuova routine familiare in un diverso contesto abitativo; ii) Il legame con l’abitazione originaria si era affievolito, essendo trascorsi oltre quattro anni dall’allontanamento; iii) Le dichiarazioni del padre stesso confermavano il radicamento della figlia nel nuovo ambiente.

Di conseguenza, non era più possibile parlare di uno “stabile legame” con l’ex casa familiare, presupposto imprescindibile per giustificare l’assegnazione dell’immobile al genitore collocatario.

Non esiste un diritto automatico all’assegnazione della casa familiare: va sempre verificata l’attualità del legame tra il minore e l’abitazione.

Questa pronuncia rafforza l’indirizzo secondo cui la casa familiare segue il minore e non può essere strumentalizzata per bilanciare assetti economici tra gli ex coniugi. La centralità dell’interesse del figlio rimane il criterio guida, anche laddove tale interesse porti a concludere che la casa di un tempo non è più la sua casa.