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DIRITTO DEL LAVORO: LICENZIAMENTO E COMUNICAZIONE VIA PEC AL DIFENSORE

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7480 del 20 marzo 2025, ha offerto un'importante conferma interpretativa in materia di comunicazione del licenziamento, con particolare riguardo all’utilizzo della posta elettronica certificata (PEC).

Nel caso di specie, un datore di lavoro aveva comunicato il licenziamento di un dipendente tramite PEC all’indirizzo del legale presso il cui studio il lavoratore aveva eletto domicilio nell’ambito del procedimento disciplinare. La comunicazione era stata inviata anche tramite raccomandata allo studio dell’avvocato e, successivamente, all’indirizzo di residenza del lavoratore. Quest’ultimo aveva impugnato il licenziamento per difetto di comunicazione, ma le sue doglianze erano state respinte in primo e secondo grado.

Il ricorso in Cassazione si fondava su due motivi:

La presunta mancanza di motivazione circa la nullità del licenziamento, rilevabile d’ufficio.

L’asserita illegittimità della comunicazione via PEC al difensore, in quanto la normativa vigente all’epoca dei fatti non l’avrebbe consentita.

La Cassazione ha rigettato il ricorso, evidenziando come il lavoratore avesse esplicitamente eletto domicilio presso lo studio del proprio legale e richiesto che le comunicazioni fossero inviate all’indirizzo PEC del medesimo, risultante dai pubblici elenchi. In tal modo, egli aveva attribuito validità a tale recapito, rendendolo idoneo alla ricezione di atti rilevanti, incluso il provvedimento di recesso.

La Corte ha poi ribadito che già al tempo dei fatti era in vigore la normativa forense che riconosce alla PEC dell’avvocato il valore di domicilio digitale privilegiato, conoscibile da terzi tramite l’INI-PEC. Questo status giuridico – fondato sulla trasparenza e l’affidabilità del canale – legittimava la trasmissione dell’atto di licenziamento all’indirizzo PEC del difensore, in quanto conforme alla volontà espressa dal lavoratore.

La sentenza conferma un orientamento giurisprudenziale che valorizza non tanto la modalità di invio in sé, quanto l’effettiva conoscibilità dell’atto da parte del lavoratore. In un contesto lavorativo sempre più digitalizzato, l’uso di strumenti telematici – purché scelti e accettati dalle parti – può ritenersi conforme ai requisiti di forma richiesti dalla legge.